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Personaggi della antica Gela

 

Eschilo

 

ESCHILO e le sue Tragedie


Eschilo era figlio di Euforione di Eleusi e nacque nel 525 a.C. ad Eleusi, cittadina distante circa 20 km da Atene e centro dei culti misterici (vedi sotto).
Egli vide la fine della tirannide di Pisistrato, che fu continuata da  Ippia e Ipparco (560 – 527 a.C.) e assistette all’istaurazione della democrazia (510 a.C.).
Nel 490 a.C. Eschilo combatte a Maratona (1° Guerra Persiana) e forse nel 480 a.C.  combatte anche a Salamina. A proposito di questa data si è soliti dire che “mentre Eschilo commbatteva a Salamina, Sofocle intonava il suo primo Peana, ed Euripide nasceva”.
Eschilo fu un uomo di carattere profondamente religioso e patriottico. Sembra addirittura che fosse stato iniziato ai ‘Misteri’*.
Eschilo muore a Gela nel 456 a.C. dove era andato, attratto dal gruppo di letterati che si trovavano presso la corte di Gerone.
Eschilo esordì con le sue Tragedie nel V sec. a.C. e conseguì la 1° vittoria nel 484 a.C.
Le date di rappresentazione delle Tragedie di Eschilo ci derivano dalla tradizione manoscritta
(i ‘codici’ e la ‘Suda’ – vedi infra) e l’ordine in cui ci sono pervenute le opere ce lo tramanda il ‘Codex Medicaeus’:
1)      “Persiani” anno di rappresentazione: 472 a.C.
2)      “Prometeo Incatenato” anno di rrappresentazione: anni ’60 del V sec. a.C.
3)      “Sette contro Tebe” anno di rappresentazione: 467 a.C.
4)      “Orestea” anno di rappresentazione: 458 a.C.
5)      “Supplici” anno di rappresentazione: 463 a.C.


Note per la Tragedia “Supplici”

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La Tragedia “Supplici” fa parte della tetralogia: “Supplici – Egizi – Danaidi” + Dramma satiresco “Amimone”.
Per quanto riguarda la raffigurazione scenica, la troviamo situata nell’ orchestra, dove si vede un “pàgos – colle”, il quale si intende posto vicino ad Argo e sopra il quale si trovano statue di divinità, intorno a cui si rifugeranno le “Supplici/Danaidi”, quando saranno raggiunte dai promessi sposi, gli Egizi, dai quali sono fuggite.
 
Di questa Tragedia si hanno notizie recenti riguardo alla data.
In essa ci sono alcuni tratti apparentemente arcaici che la avevano fatta considerare il testo più antico scritto da Eschilo. Infatti, in questa Tragedia, troviamo la configurazione tipica del dramma, nella sua prima esistenza: dialogo fra 1 attore ed il Coro. Per questo, il dramma fu attribuito al “primo Eschilo”.
Ma da un papiro di Ossirinco, ritrovato nel 1952, appare che, verosimilmente, la trilogia con le “Danaidi”, fu rappresentata da Eschilo, in gara con Sofocle nel 463 a.C., quando questi sconfisse il collega. Quindi la data colloca l’opera negli anni ’60 e ciò la fa diventare non una delle prime Tragedie di Eschilo, ma una delle ultime!, e precisamente la penultima, quella cioè, prima dell’Oresta.
  
* I ‘Misteri’ erano culti segreti, nei quali avevano grande importanza le idee mistiche. Per accedervi bisognava superare un’iniziazione. Si pensa che gli ‘Antichi Misteri’ risalgano ad una religione ‘irrazionale’ pre-greca, che sopravvisse sotto forma di società segrete. Gli dèi connessi  ai ‘Misteri’ erano Demètra e Diòniso. I Misteri Eleusini sono i più famosi e conosciuti nel mondo antico. In origine era un culto agricolo sorto in età micenea, fatto in occasione della semina. Dopo l’unione di Eleusi con Atene, avvenuta prima del 600 a.C., lo Stato Ateniese assunse il controllo dei Misteri. I riti principali sono sconosciuti. Il ratto di Kore-Persefone da parte di Plutone è il tema centrale dell’inno omerico; si è pensato che esso fosse rappresentato nei Misteri, insieme con la restituzione di Kore a Demetra.

Come si è detto, dunque, ogni Tragedia faceva parte di una ‘tetralogia’, formata da 3 Tragedie + 1 Dramma Satiresco. Ecco di seguito quello che abbiamo potuto ricostruire con bastante sicurezza.
PERSIANI. Tragedia rappresentata nel 472 a.C.  Fa parte della tetralogia:
“Fineo – Persiani – Glauco Potnio” + Dramma Satiresco: “Prometeo”.
Per questa Tragedia abbiamo l’allestimento scenico nell’orchestra, che normalmente è destinata alle evoluzioni del Coro. Troviamo da una parte lo “stègos – casa”, o meglio la facciata della casa dove si riunivano i nobili Persiani. Da un’altra parte vi è il tumulo/tomba di Dario.
Fra lo “stègos” ed il “tumulo” rimaneva un ampio spazio scenico all’aperto, destinato al Coro e agli attori.
PER LA CONFIGURAZIONE SCENICA DELLE TRAGEDIE DI ESCHILO, VEDI INFRA.

PROMETEO

Tragedia rappresentata negli anni ’60 del V sec. a.C. Fa parte della tetralogia:
“Prometeo Incatenato – Prometeo Liberato – Prometeo Portatore di fuoco”, ma di quest’ultima non sappiamo se sia la 3° Tragedia, oppure il Dramma Satiresco.
Anche qui l’ambientazione è fatta nell’orchestra, dove vediamo un ‘pàgos – colle’ situato nella Scizia (Russia Meridionale – Ucraìna). Promèteo è inchiodato e quasi crocifisso alla roccia del “pàgos”.
SETTE CONTRO TEBE. Tragedia rappresentata nel 467 a.C. Fa parte della tetralogia:
“Laio – Èdipo Re – Sette contro Tebe” + Dramma Satiresco: “Sfinge”.
In questa Tragedia, lo spazio dell’ orchestra è così allestito.
Lo spiazo stesso rappresenta l’Acropoli di Tebe, la quale è di per sé rialzata, ma non lo è nella finzione scenica, dove gli spettatori la vedono dall’alto della cavea (vedi infra). Vi è anche un punto dove compaiono statue.
ORESTEA. Questa tragedia è rappresentata nel 458 a.C. Fa parte della tetralogia:
“Agamennone – Coefore – Eumenidi” + Dramma Satiresco: “Proteo”.
Per le 3 Tragedie abbiamo 3 ambienti diversi all’interno dell’ orchestra.
Per l’ AGAMENNONE, abbiamo la facciata della casa di Agamennone e Clitemnestra ad Argo. Questa presenta 2 porte; 1 principale; 1 secondaria: la seconda è l’ingresso della parte femminile.
Per le COEFORE, abbiamo la stessa facciata della casa ad Argo, e in più un elemento nuovo: il tumulo(tomba) di Agamennone, dove i due fratelli, Elettra e Oreste, eseguono preghiere per il padre.
Per le EUMENIDI, abbiamo 3 momenti e 3 rappresentazioni sceniche:
1)      Prima siamo a Delfi all’interno del santuario di Apollo e appare sulla scena l’ onfalòs – altare, che è una pietra molto grande dove si rifugia Oreste inseguito dalle Erinni. Tutto intorno c’è il Coro formato appunto dalle Furie.
2)      Poi si torna nuovamente ad Atene e ci troviamo sull’Acropoli, dove figura la brètas – antica statua di Atena.
3)      nel 3° momento ci troviamo dentro l’Areopago sull’Acropoli di Atene. È stato tolto dalla scena quello che rappresentava a Delfi l’ onfalòs e ad Atene la brètas e sono rimasti a semicerchio i seggi occupati dal Coro, che adesso impersonifica i vecchi dell’Areopago.
A proposito di questa tragedia chiamata “Eumenidi”, sappiamo con certezza che essa non fu chiamata così da Eschilo, ma tale nome le fu dato successivamente in età tarda. Non sappiamo come la avesse chiamata Eschilo. Ma certo, dal momento che le Tragedie prendono, quasi sempre nome dal Coro, o da un personaggio che in esse figura, non l’ebbe chiamata “Eumenidi”, perché il Coro, per tutta il dramma rappresenta le Erinni, che solo all’ultimissimo istante diventano benevole per intercessione di Athena.

Breve riassunto delle 7 tragedie.


PERSIANI

È la storia della sfortunata spedizione di Serse contro la Grecia (480 a.C. 2° Guerra Punica), osservata nei suoi effetti, in casa del nemico a Susa.
I vecchi consiglieri del re sono ansiosi riguardo al destino toccato alle armate di Serse. Atossa, vedova di Dario, e madre di Serse, esce dalla reggia per consigliarsi con i vecchi, in quanto è turbata da un sogno che ha fatto e da un sinistro prodigio che ha visto.
Giunge un messaggero ad annunziare la sconfitta della flotta persiana a Salamina (480 a.C.).
A questo punto, evocata, appare l’ombra di Dario, dalla quale i Persiani apprendono che i mali per loro non sono finiti e altre sconfitte attendono le armate in Beozia e a Platea. L’ombra di Dario esorta i Persiani a non combattere più contro i Greci ed a riportare Serse alla ragione, poiché suo figlio ha peccato di ‘ύβρις – ùbris – “orgoglio/tracotanza” e questo molto dispiace agli dèi.
Scompare l’ombra di Dario.
Giunge Serse disfatto e si lamenta insieme al Coro di tutti i morti che ci sono stati ed esterna ai coreuti il suo dolore.

PROMETEO

Assistiamo all’inchiodamento di Prometeo ad una rupe, nella Scizia (Russia meridionale – Ucraìna). Egli è punito da Zeus, perché ha rubato il fuoco agli dèi e lo ha donato agli uomini. Prometeo è confortato dal Coro formato dalle Oceanine, alle quali il dio racconterà gli avvenimenti che hanno deciso la sua sorte. Giunge Oceano, padre delle Oceanine, e tenta invano di riconciliare Prometeo e Zeus.
Giunge Iò, in forma di vacca e in preda al delirio. Ad essa Prometeo presagisce la fine del suo errare sotto forrma di vacca.
Giunge Hermes. Egli vuole carpire a Prometeo il segreto di quelle nozze che, se compiute, porterebbero alla detronizzazione di Zeus. Prometeo non si piega alla richiesta e viene sprofondato nelle viscere della terra insieme con le Oceanine.

SETTE CONTRO TEBE

Eteòcle, re di Tebe e figlio di Èdipo, si prepara a ricevere l’assalto alla città condotto alle sue sette porte da sette valorosi, fra i quali figura anche suo fratello Polinìce.
Polinìce si vuole vendicare, perché è stato privato da Eteòcle del diritto al regno, ed è stato anche bandito dalla città. Le donne del Coro si disperano per l’imminente rovina. Eteòcle cerca di tenerle calme. Un messaggero informa il Re riguardo ai 7 capi nemici. A ciascuno di essi Eteòcle oppone un guerriero tebano adatto. A se stesso riserva lo scontro con il fratello Polinìce.
La maledizione che Èdipo aveva imposto su i due figli, colpevoli di averlo mal trattato da vecchio, adesso si avvera. Infatti un nunzio riferisce che i due fratelli si sono uccisi a vicenda.
Vengono portati in scena i cadaveri.
Su di essi il Coro intona il canto funebre, mentre Ismene e Antigone, piangono i fratelli morti.
I magistrati di Tebe ordinano che Eteòcle venga sepolto e che Polinìce venga gettato ai cani.

ORESTEA (trilogia: Agamennone – Coefore – Eumenidi)

AGAMENNONE

Dall’alto della reggia di Argo una vedetta avvista i fuochi che segnalano la caduta di Troia. La vedetta corre ad avvisare la regina Clitennestra.
Così si ‘apre’ l’ ‘Agamennone’.
Clitennestra, moglie di Agamennone e madre di Ifigenìa, dà la notizia al Coro, il quale è sempre oppresso dal ricordo di Agamennone, che, per propiziarsi gli dèi, nella spedizione a Troia, aveva sacrificato ad essi la figlia Ifigenìa.
In realtà, proprio per questo motivo, Clitennestra, insieme al suo amante Egisto, si appresta ad assassinare Agamennone, al suo ritorno.
Agamennone arriva su un cocchio, portando da Troia, come propria concubina, Cassandra, sacerdotessa di Apollo e figlia del defunto Priamo, re di Ilio.
Per 3 volte Cassandra, non creduta, vaticina ciò che sta per succedere nella reggia.
[Cassandra vaticinava il futuro, ma non era mai creduta. ciò perché la donna una volta si era rifiutata al dio Apollo che la concupiva. Il dio, respinto, maledisse Cassandra con questo destino: vaticinare il vero, ma non essere mai creduta.]

Il Coro piange il re ucciso e rinfaccia alla regina il suo crimine.
Giunge Egisto che si dichiara ‘nuovo signore della citta’. Il Coro impugna le armi contro di lui, ma Clitennestra impedisce lo scontro.
il Coro invoca Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra.

 

COEFORE

[* χοηφόρος – khoefòros “portatore di libagioni.] Oreste è rientrato di nascosto ad Argo, dall’esilio, insieme all’amico Pilade. Oreste era stato esiliato da Egisto e Clitennestra, perché non fosse loro di ostacolo nel condurre i propri piani di vendetta. Oreste è nascosto e vede delle fanciulle che vanno al sepolcro di Agamennone. Sono le prigioniere troiane, che portano libagioni.Esse sosno state mandate da Clitennestra
(ed insieme a loro c’è anche la sorella diOreste, Elettra), perché è atterrita da un incubo notturno. Clitennestra ha mandato dunque le Coefore con doni, per placare il morto Agamennone. La giovane Elettra, impreca contro gli assassini di suo padre. All’improvviso, essa vede un ricciolo sulla tomba di suo padre e subito pensa a suo fratello Oreste, il quale adesso esce allo scoperto e si fa riconoscere da lei solamente.
Fratello e sorella si spronano vicendevolmente alla vendetta; il Coro partecipa con loro.
Oreste, sotto mentite spoglie, si presenta alla madre Clitennestra, alla quale racconta che suo figlio Oreste è morto. Egisto raggiunge il mendicante (Oreste) per avere ulteriori informazioni, ma si sente un grido che indica la sua morte. Clitennestra accorre subito e si trova davanti suo figlio Oreste che tiene in pugno la spada con la quale ha appena ucciso Egisto. A questo punto c’è un’esitazione da parte di Oreste per quanto riguarda la sorte della madre, ma Pilade lo esorta ad ucciderla.
Oreste mostra al Coro i due cadaveri e all’improvviso è preso dall’orrore del commesso matricidio.
Già gli appaiono le Erinni*, e Oreste, disperato si dà alla fuga.
 [* le Erinni sono le Furie. divinità infernali specificatamente preposte a perseguitare coloro che si erano macchiati di delitti di consanguinei. Esse perseguitavano la vittima fino a farla impazzire.]

 

EUMENIDI


[Come le “Coefore”, anche questa tragedia prende il nome dai personaggi del Coro; solo che in questo caso i personaggi del Coro sono le Erinni. Il nome“Eumenidi”, infatti, non fu dato da Eschilo (il quale non sappiamo come avesse veramente chiamato la Tragedia), ma dalla ‘Tradizione Manoscritta’, perché, alla fine della Tragedia, da cattive che sono, le Erinni, diventano ‘buone’, cioè, appunto, ‘Eumenidi’]
Si apre la Tragedia con le Erinni - il Coro – che dormono, accucciate come cani, intorno ad Oreste, che si trova, supplice, presso l’Oracolo di Apollo a Delfi.
Apollo si mostra all’omicida; lo rassicura e gli dice di andare ad Atene, sotto la scorta del dio Hèrmes; poi scaccia dalla sua dimora le immonde Erinni.
Adesso Oreste si trova nel tempio di Atena sull’Acropoli di Atene, presso l’antica statua della dea: la βρέτας – brètas. L’omicida implora la dea che lo aiuti, mentre le Erinni lo hanno nuovamente raggiunto e stanno per lanciarsi su di lui. Appare Pallade Atena, la dea, che convince le Erinni a rimettere ogni decisione all’Areopago, il Tribunale degli Ateniesi, preposto ai fatti di sangue.
[Si ricordi che con le riforme di Efialte e Pericle nel 462 a.C.  – l’ ”Orestea” è del 458°.C. –
all’ Areopago, composto dai nobili, erano stati tolti tutti i poteri politico-giuridici, per porli nelle mani del popolo, mentre all’Areopago rimanevano solo i fatti di sangue.]
Dinanzi ai giudici le Erinni sono le accusatrici, mentre Apollo è il testimone-difensore. Alla fine, con il voto di Atena a favore di Oreste, si ha parità di voti che equivale all’assoluzione. A questo punto le Erinni, infuriate, minacciano l’Attica con ogni sorta di male, ma Pallade Atena le placa, promettendo loro onore eterno nella città di Atene. Una processione, quindi, scorta le Erinni nell’antro dove saranno venerate come dèe dispensatrici di prosperità. In questo senso, e da ultimo, le Erinni da cattive, diventano buone, ma non si può certo, con questo ‘poco’ giustificare il titolo.

SUPPLICI

Arrivano su un poggio sacro vicino ad Argo le 50 figlie di Danao, le quali sono fuggite dall’Egitto, per evitare il matrimonio con i loro cugini. Il re di Argo, Pelasgo, vorrebbe accogliere le fanciulle, che chiedono protezione in città, ma esita per paura delle possibili ritorsioni degli Egizi. Sotto la minaccia di un suicidio di massa, che le giovani promettono, e il quale contaminerebbe il recinto sacro presso cui si trovano, il re è costretto a portare la questione davanti al popolo. Esso concederà alle giovani diritto di asilo. Gli Egizi, intanto sbarcano per riprendere le promesse spose fuggite, ma sono respinti da re Pelasgo e dalle sue armate. È l’inizio di una guerra che si profila atroce. le Danaidi (le 50 figlie di Danao) si avviano verso Argo inneggiando al proprio trionfo sui maschi. 

Fonte: Biblio net

 

 

Cantico di Eschilo a Gela

Dal giorno ch'Eleusi lasciai
mirifiche plaghe cercando,
virginei misteri sognando,
oh solo di te m'incantai,
arcano splendor che dal mare
t'elevi al ciel come un altare!

O vaga serena Ridente,
o bella d'incanti ingemmata,
di mirra e d'ambrosia odorata,
d'aurore e tramonti fulgente,
la rosea tua luce rivela
trionfi d'elisi, dea Gela.

Scrutando i primordi fatali
io vedo sull'onde azzurrine
un coro di ninfe marine
che lieto lasciando i fondali
le navi accompagna dei prodi
salpati da Creta e da Rodi:

O vaga serena Ridente,
o bella d'incanti ingemmata,
di mirra e d'ambrosia odorata,
d'aurore e tramonti fulgente,
la rosea tua luce rivela
trionfi d'elisi, dea Gela.

Qui giunti, ecco i Dori a mirare
la plaga di messi ubertosa,
la dolce collina sinuosa
baciata dal fiume e dal mare ...
Ancora un ninfale concento
si leva leggero col vento:

O vaga serena Ridente,
o bella d'incanti ingemmata,
di mirra e d'ambrosia odorata,
d'aurore e tramonti fulgente,
la rosea tua luce rivela
trionfi d'elisi, dea Gela.

Eutimo e Antifemo incantati
baciando la sabbia odorosa
qui piantano un lauro e una rosa,
nel sito voluto dai fati.
Dal fiume e dal mare raggianti
le ninfe rinnovano i canti:

O vaga serena Ridente,
o bella d'incanti ingemmata,
di mirra e d'ambrosia odorata,
d'aurore e tramonti fulgente,
la rosea tua luce rivela
trionfi d'elisi, dea Gela.

Si uniscono i forti alle dive:
e stirpe germoglia d'eroi,
a stirpe dei fieri Geloi
che i porti conquista e le rive:
dovunque la placida Irene
ti canta con Nike ed Imene:

O vaga serena Ridente,
o bella d'incanti ingemmata,
di mirra e d'ambrosia odorata,
d'aurore e tramonti fulgente,
la rosea tua luce rivela
trionfi d'elisi, dea Gela.

E templi fulgenti e solenni
allora s'innalzano ai numi
chiedendo solleciti lumi
e gloria e virtù nei millenni.
Un coro di vergini belle
si leva alla luna e alle stelle:

O vaga serena Ridente,
o bella d'incanti ingemmata,
di mirra e d'ambrosia odorata,
d'aurore e tramonti fulgente,
la rosea tua luce rivela
trionfi d'elisi, dea Gela.

Demetra e il gran Febo e Atena
tesori largiscono immensi:
al cielo si mandano incensi
e gioia ne scende serena
su efebi e fanciulle fragranti
dai boschi e dai clivi inneggianti:

O vaga serena Ridente,
o bella d'incanti ingemmata,
di mirra e d'ambrosia odorata,
d'aurore e tramonti fulgente,
la rosea tua luce rivela
trionfi d'elisi, dea Gela.

Or queste tue plaghe dorate
per sempre vogl'io contemplare,
coi miti le imprese cantare
a lmera e ad Olimpia ammirate,
le gesta dei forti Geloi,
purissima linfa d'eroi:

O vaga serena Ridente,
o bella d'incanti ingemmata,
di mirra e d'ambrosia odorata,
d'aurore e tramonti fulgente,
la rosea tua luce rivela
trionfi d'elisi, dea Gela.

O dei, cui di rose e d'acanto
e vergini adornan quest'are
che guardan la piana ed il mare,
ah lieti accogliete il mio canto!
Quì splenda in eterno l'amore
e ovunque ripeta ogni fiore:

O vaga serena Ridente,
o bella d'incanti ingemmata,
di mirra e d'ambrosia odorata,
'aurore e tramonti fulgente,
la rosea tua luce rivela
trionfi d'elisi, dea Gela.

Giuseppe Minasola