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Le campane

 

Le origini della campana si perdono nell’antichità ma, secondo la tradizione, fu San Paolino, vescovo di Nola, a introdurre le campane nelle funzioni religiose verso il 400 d. C. (Nola si trova in Campania, il che spiega l’origine stessa della parola nella lingua italiana: "campana" infatti deriva dal latino aera o vasa campana, letteralmente "vasi di bronzo della Campania"). Prima di allora i sacerdoti probabilmente chiamavano i fedeli alla preghiera percuotendo pezzi di legno o metallo con un bastone. Per tutto il Medioevo i fabbricanti di campane furono degli itineranti, che si fermavano nei luoghi in cui stava sorgendo una nuova chiesa per fondere le loro campane all’aperto, all’ombra del campanile. Oggi in Europa esistono circa una decina di fonderie, quasi sempre piccole aziende a gestione familiare che si sono tramandate i loro segreti di generazione in generazione. Le campane delle chiese sono di bronzo, una lega formata da 78 parti di rame rosso e 22 di stagno bianco inventata circa 5000 anni fa, robusta, facilmente fusibile ed estremamente sonora. Una campana di bronzo perfetta mantiene il suono per uno o due minuti. E’ lo stagno che rende squillante il rame di per sé sordo, ma questo metallo deve essere accuratamente dosato perché una quantità eccessiva renderebbe fragile la lega.

La “voce” delle campane è certamente una delle presenze più care al cuore delle comunità ecclesiali e dei singoli credenti. Da tempo immemorabile infatti esso accompagna la vita delle persone e il cammino delle comunità, scandendone i momenti più significativi: invita alla celebrazione eucaristica per lasciarsi incontrare dal Risorto e ad altre manifestazioni della pietà popolare, ricorda che ogni giornata è visitata dall’amore fedele del Signore da accogliere e condividere nella comunità dei fratelli, invita al quotidiano triplice saluto alla Vergine Maria, “esprime i sentimenti del Popolo di Dio quando esulta e quando piange, quando rende grazie o eleva suppliche”
 

L’antico richiamo per le comunità religiose e civili



Abbiamo visto e riconosciamo il significato spirituale del suono delle campane legato alla Pasqua. Gli uomini hanno sempre avvertito il fascino suggestivo sprigionato dalle campane, le cui onde sonore si liberano nelle vie dei cieli da secoli e secoli. Fin dai primi rudimentali campanelli fino alle enormi fusioni usate come elemento celebrativo, quel suono assume immediatamente un duplice ruolo: religioso e sociale. Lo sviluppo delle società in cui compaiono le campane è scandito dall'evoluzione del loro suono. Nell'antico Oriente, dalla Cina all'India, monaci e filosofi utilizzano le campane per le funzioni religiose e per interrompere gli uffici quotidiani. In Occidente avviene lo stesso: quella dualità si manifesta presso gli Etruschi con le funzioni funerarie, e nel mondo latino per richiamare le genti al mercato. Più tardi dalle torri comunali si chiamano ad adunata i cittadini. Nel mondo cristiano - nella liturgia cattolica compare dal VI secolo - assume un ruolo centrale a livello simbolico nelle funzioni e un'importanza architettonica e artistica nelle chiese, nei conventi e nei monasteri. È il Vescovo a benedirle in quanto res sacrae, richiamo al culto e alla preghiera. Le iscrizioni religiose incise nel bronzo delle campane appaiono mirabili sintesi di concetti di esortazione e valenza morale: "Vox mea, vox vitae", "Voco vos ad sacra, venite!" ("La mia voce è voce di vita: vi chiamo agli uffici sacri, venite!"). E fortificano gli animi con la saggezza popolare e proverbiale: "Funera plango, fulmina frango, sabbata pango, excito lentos, dissipo ventos, paro cruentos". Un'antica campana recita: "Convoco, Signo, Noto, Compello, Concino, Ploro" ("Convoco, Seguo i Giorni, Noto le Ore, Canto, Piango").
La campana, uno strumento tanto semplice quanto carico di suggestioni. Il cui suono ispira gli artisti con il fascino di quelle note sole, pure e significative. I poeti ne hanno cantato la divina poesia. Ne è un esempio questo passo di Giovanni Pascoli: "La squilla sonava l'entrata. Diceva con voce affrettata: Non entri? Non entri? Perché? C'è un rito con fiori, con ceri con fiocchi d'incenso leggeri. Su, entra, che suono per te".
È altresì pregna di significato spirituale la poesia del sacerdote e poeta Zanella: "Campane de' villaggi/Il suono a guisa d'onda/Lustral, sulle campagne ampie si spande/E le terre santifica, che grande/Dall'estremo orizzonte il sol feconda/L'aria infiammando co'nascenti raggi,/Campane de' villaggi". E Carducci: "Il suon delle sciolte campane sonanti alla gloria".
I musicisti la utilizzano con parsimonia, ma con speciale attenzione. Per esempio Puccini voleva riprodurre le note delle campane che si udivano dagli spalti di Castel Sant'Angelo nel preludio del III atto della Tosca- l'Ave Maria dell'alba di Roma. Nel 1999 Llorenc Barber progetta e dirige un suggestivo concerto con le campane di 65 chiese romane. Impresa musicale di cui sottolineare più la lodevole intenzione che non il risultato finale. Mentre i campanari tradizionali eseguono concerti con il sistema bolognese, ambrosiano, veronese. Il suono della campana è capace di suscitare elevati sentimenti e grandi emozioni, di fortificare le più nobili virtù morali. È esso stesso una forma e un'espressione della musica. L'articolazione compiuta del suono delle campane è però tanto complessa quanto la realizzazione della campana stessa. Mediamente occorrono da trenta a novanta giorni per la fabbricazione della campana. Con una sagoma di legno e ferro e con una struttura di mattoni, si dà forma all'"anima", che corrisponde all'interno della campana. Questa si copre con strati di argilla sui quali si applicano le iscrizioni e le figure in cera che formeranno la "falsa campana". Con l'applicazione di un nuovo strato di argilla si ottiene il "mantello". Mediante i carboni ardenti inseriti nell'anima si raggiunge l'essiccazione del mantello nel quale rimangono impresse al negativo le iscrizioni e i fregi (cera persa). A questo punto si solleva il mantello, si elimina la falsa campana e si ricolloca il mantello sull'anima. Il bronzo - ottenuto con il 78% di rame e il 22% di stagno - viene colato a circa 1150° in quello spazio. Si procede così alla ripulitura della campana così realizzata, prima di sottoporla alle verifiche della tonalità. Questo procedimento è affidato a sapienti artigiani depositari di antiche tecniche tramandate di padre in figlio. Le botteghe dei Marinelli ad Agnone (fin dall'anno mille), dei Clocchiatti a Campoformido, dei Picasso ad Avegno, dei Colbachini a Saccolongo e di altri artigiani veterani dell'arte campanaria, restituiscono vitalità ad una memoria pressochè dimenticata. Tradizione che non trova terreno fertile nelle nuove generazioni proiettate verso un futuro che non deve mai trascurare la tradizione.

Fonte: Fabio Malvagna

 

Le campane della chiesa Madre

 
 

CAMPANA  GRANDE  LATO  OVEST

ARCID. NO   LUIGI MALLIA PAR.CO PROC.RI CAN.  VINC. O   CACI.  CAN.  ROS. O  DAMAGGIO NELL’ANNO DEL SIGNORE 1829 DAEMONES EXPELLO REMPESTATESQUE  SERENO  VIVENTES  VOCO  ET  QUI  PERIRE   GEMO

Sul supporto di legno a cui sono stati attaccati gli anelloni della campana c’è scritto l’anno 1837.

 

CAMPANA MEZZANA LATO SUD:

PREMIATA  FONDERIA C.  N.  CAPEZZUTO  NAPOLI – RESTITUTUM   PUBBLICO SUMPTU  A.  D.  MCML

 

CAMPANA    PICCOLA LATO SUD

IN ANNO DOMINI 1606 IIII   INDI  SANCTO  NICOLA  DI BARA  ORA  PRO  NOBIS      PETRO  BUETTO  DI  ANTONI  CONFRATI

 

CAMPANA  MEZZANA  LA NORD

AI  SACRISSIMI CUORI  DI  GESU’  E  MARIA  DEDICO’  D.  GIOCCHINO  D.  GURRISI  ARCIDIACONO  E  PARROCO  IN  QUESTA  VENERABILE  CHIESA  NELL’AGOSTO 1884 – VINCENZO  BENEDETTI  DA  RIETI  FECE  IN  TERRANOVA  SICULA  -  MISA IL 12 GENN.  1543  SI  FESSE  NEL  TERREMOTO  DEL  15 NOV.  1791  MENTRE   CHIAMAVA IL  POPOLO  ALLA  PREGHIERA.  RIFUSA NEL 1832  E  FRANTA  IL  27  APRILE  1884  RITORNO’  AL  FUOCO  DONDE  PIU’  GRANDE  A  SPESE DEL  PREDETTO  SAC.  GURRISI  -  10-06-1969 RIPARATA ESSENDO  PARROCO  MONS  FEDERICO  GIOACCHINO

 

CAMPANA  LATO  NORD DIETRO  MEZZANA

E’ riportata la stessa scritta della campana mezzana del lato sud

 

CAMPANA PICCOLA LATO  NORD

VINCENZO  BENEDETTI  DA  RIETI  FUSE  1903

 

CAMPANA  MEZZANA  LATO  EST

VINCENZO  BENEDETTI  DA  RIETI  FUSE  1891  -  FUSA  PER   DEVOZIONE  DELL’ARCIDIACONO  LUIGI  MALLIA  1833  RIFUSA  2  VOLTE  NEL  1887  E  1891  DEL REV.MO  ARC.NO  MONSIGNORE  GIOACHINO  GURRISI  A  GLORIA  DELLA  BEATA  V.  MARIA  ASSUNTA  IN  CIELO

Sul supporto di legno a cui sono attaccati gli anelloni della campana c’è scritto l’anno  1468

Fonte: Nuccio Mulè

 

 

 

 
 
Perchè suonarono le campane
 

C'era una volta, in una grande città, una chiesa davvero splendida. Dall'ingresso principale si riusciva a malapena a scorgere l'altare di pietra che si trovava all'altro capo. Di fianco alla chiesa si levava un campanile, simile a una torre, così alto nel cielo che la punta si distingueva soltanto quando il tempo era molto limpido. Lassù nella torre vi erano delle campane che si diceva fossero le più belle e le più sonore del mondo, ma nessun essere vivente le aveva mai sentite! Erano le campane speciali di Natale: potevano far udire i loro rintocchi solo la notte di Natale e, per di più, soltanto quando fosse stato deposto sull'altare il più grande e il più bel dono al Bambino Gesù. Purtroppo, da molti anni non si era avuta un'offerta così splendida da meritare il suono delle grandi campane. Tuttavia, ogni vigilia di Natale, la gente si affollava davanti all'altare portando doni, cercando di superarsi gli uni con gli altri, gareggiando nell'escogitare offerte sempre più straordinarie. Nonostante la chiesa fosse affollata e la funzione splendida, lassù nella torre di pietra si udiva soltanto fischiare il vento.

In un villaggio abbastanza lontano dalla città viveva un ragazzo di nome Pippo, insieme al suo fratellino. Essi avevano sentito parlare delle famose offerte della vigilia di Natale, e per tutto l'anno avevano fatto progetti per assistere alla grande e sfarzosa cerimonia, e per la Messa di mezzanotte.
Il mattino precedente il giorno di Natale, all'alba, mentre cadevano i primi fiocchi di neve, Pippo e il fratellino si misero in cammino. Al calar della notte, avevano già quasi raggiunto la porta della città quando, per terra davanti a loro, scorsero una povera donna che era caduta nella neve, troppo stanca e malata per cercare rifugio da qualche parte. Pippo si inginocchiò cercando di alzarla, ma non vi riuscì.
"Non ce la faccio, fratellino" disse Pippo. "È troppo pesante. Devi proseguire da solo".
"Io? Da solo?" esclamò il fratellino. "Ma allora tu non ci sarai alla funzione di Natale".
"Non posso fare altrimenti" disse Pippo. "Guarda questa povera donna. Il suo viso è simile a quello della Madonna nella finestra della cappella. Morirà di freddo se l'abbandoniamo. Sono andati tutti in chiesa, ma io starò qui e mi prenderò cura di lei fino alla fine della Messa. Allora tu potrai condurre qui qualcuno che l'aiuti. Ah, fratellino, prendi questa monetina d'argento e deponila sull'altare: è la mia offerta per il Bambino Gesù. Su, ora, corri!".
E mentre il bambino si avviava verso la chiesa, Pippo sbatté gli occhi per trattenere le lacrime di delusione che gli rigavano le guance. Poi passò un braccio dietro al capo della povera donna che si lamentava debolmente e cercò di sorriderle.
"Coraggio, signora", le disse, "tra poco arriverà qualcuno".
Nella grande chiesa, la funzione di quella vigilia di Natale fu più splendida che mai! L'organo suonò e i fedeli cantarono e, alla fine della funzione, poveri e ricchi avanzarono orgogliosamente verso l'altare per offrire i loro doni. A poco a poco, sull'altare, si accumularono oggetti splendidi d'oro, d'argento e d'avorio intarsiato; dolci elaborati nei modi più impensati; stoffe dipinte e broccati.
Ultimo, in un gran fruscio di seta e tintinnar di spade, il re del paese percorse la navata. Portava in mano la corona regale, tempestata di pietre preziose che mandavano barbagli di luce tutt'intorno.
Un fremito di eccitazione scosse la folla.
"Senza dubbio questa volta si sentiranno suonare le campane a festa!" mormoravano tutti.
Il re depose sull'altare la splendida corona. La chiesa piombò in un silenzio profondo. Tutti trattennero il respiro, con le orecchie tese per ascoltare il suono delle campane.
Ma soltanto il solito freddo vento sibilò sul campanile. I fedeli scossero la testa increduli. Qualcuno cominciò a dubitare che quelle strane campane avessero mai suonato.
"Forse si sono bloccate per sempre!" sosteneva qualche altro.

La processione era terminata e il coro stava per iniziare l'inno di chiusura, quando all'improvviso l'organista smise di suonare paralizzato. Perché d'un tratto dalla cima della torre si era levato il dolce suono delle campane. Un suono ora alto ora basso, che fluttuava nell'aria riempiendola di festosa sonorità.
Era il suono più angelico e piacevole che mai si fosse udito.
La folla restò un attimo eccitata e silenziosa. Poi, tutti insieme, si alzarono volgendo gli occhi all'altare per vedere quale meraviglioso dono aveva finalmente risvegliato le campane dal loro lungo silenzio. Ma non videro altro che la figura di Fratellino che silenziosamente era scivolato lungo la navata per deporre sull'altare la monetina d'argento di Pippo.

 

Giovanni Paolo II

E' bello ascoltare il suono delle campane che cantano la gloria del Signore da parte di tutte le creature. E poi ciascuno di noi porta in se una campana molto sensibile: questa campana si chiama cuore. Questo cuore suona, suona e mi auguro sempre che il vostro cuore suoni sempre delle belle melodie; melodie di riconoscenza, di ringraziamento a Dio e di lode al Signore e che superi sempre le melodie cattive dell'odio, della violenza e di tutto ciò che produce il male nel mondo”.