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Cose di un tempo

 

L’illuminazione a Gela

Grazie all’interessamento del deputato avvocato Pasqualino Vassallo di Riesi, eletto allora nel distretto di Terranova, la nostra città ebbe l’illuminazione elettrica che fu inaugurata nel 1908 con una solenne manifestazione di popolo. Intere famiglie a bordo di carri agricoli e carrozzelle invasero il Corso Principale di Terranova.

 

L’alluvione

A seguito delle piogge torrenziali abbattutesi su Gela nel lontano 1935 esattamente il 21 settembre e lo straripamento del fiume Gela, la piana  venne completamente allagata. C’è ancora oggi chi si ricorda perfettamente quel terribile giorno quando il cielo si oscurò e la pioggia cadde intensa fino ad inondare tutta la piana e la stessa chiesetta di Maria SS. Dell’Alemanna. Per parecchi giorni gli agricoltori non andarono a lavorare nei loro poderi; immensi furono i danni con la morte anche di svariati capi di bestiame. Analogo allagamento si verificò il 26 ottobre 1953 e questa volta rimase isolato il Villaggio Aldisio nel frattempo sorto dopo la seconda guerra mondiale, dove la gente fu messa in salvo dai Vigili del Fuoco e dalle forze di polizia con delle barche fatte affluire sul luogo del disastro.

 
Raffaele Docente inteso Massara - L'uomo più forte di Gela, forse della Sicilia, forse d'Italia. Aggirava con naturalezza le guardie daziarie portando sotto le ascelle e con due dita delle mani 4 barili pieni di vino di 40 litri ciascuno. In una sfida, nella pubblica piazza di Gela, con un palermitano per misurare la loro forza il palermitano si fece passare sopra il corpo un carretto con alcune persone sopra, il nostro Docente invece prese il carro con tutte persone sopra e lo sollevò da terra. Si racconta ancora che fermò una locomotiva con la sola forza delle braccia. Nacque nel 1878 e morì il 13 dicembre 1926.
 

Svaghi e divertimenti

I divertimenti  durante gli anni del primo Novecento e fino al 1950 consistevano soprattutto nell’assistere alla recita di operette, che spesso molte compagnie rappresentavano al teatro Italia e successivamente al cinema Mastrosimone, quando quest’ultimo entrò in funzione negli anni 1938/1939. In seguito anche il “Varietà” si diffuse e fu seguito da molti giovani.
Nel periodo che va dal 1916 al 1953, tutte le domeniche nella Villa Comunale la banda comunicale si esibiva in numerosi concerti, che venivano applauditi dal nutrito pubblico che ascoltava attento intorno al palco, dopodichè scomparve dalla vita cittadina. A completare l’opera del disfacimento contribuì l’eliminazione del palco della musica, una struttura architettonica molto carina. Vogliamo ricordare che la Villa Comunale fin dall’inizio del secolo e a tutto il 1950 fu il salotto di Gela dove l’aristocrazia e la media borghesia si davano convegno. Le signore se ne stavano sedute sulle panche mentre i loro figli giocavano sotto gli occhi vigili del custode del tempo signor Francesco Aliotta “Don Cicciu” persona buona ma severa con i ragazzi turbolenti, e non faceva entrare i ragazzi se non accompagnati dai loro genitori.
Negli anni 30 nella Villa Comunale esisteva un’arena, dove durante l’estate venivano proiettati dei film; il concessionario dell’arena era il signor Angelo Cammalleri. Il primo film sonoro venne proiettato in questa arena nel 1930 e fu “Uomini che mascalzoni”.
Altro divertimento nella vecchia Gela lo diede  la compagnia stabile della Opera Nazionale Dopolavoro con alcune recite di opere di Martoglio, di G. Colaianni e di altri autori siciliani; gli attori erano tutti locali e appartenevano alla classe operaia gelese. In quegli anni lontanissimi nella nostra città vi era un solo cinema chiamato “U Cinima di Don Sulu oppure Cinema Renda. Erano gli anni del cinema muto, e questo locale era ubicato lungo il Corso Vittorio Emanuele dove esisteva la lavanderia Giudici ai quattro canti cioè e “Cantuneri”, vicino alla salumeria Galanti. La colonna sonora che seguiva il film, veniva eseguita da alcuni musicisti del luogo con  pianoforte, tamburo, tromba e mandolino.
Altri divertimenti per i giovani di una certa classe sociale erano le serate da ballo nel periodo estivo al lido, meglio conosciuto come “U Scialè” questo locale era costruito tutto in legno  ed in mezzo al mare. Si ballava soltanto il sabato sera; oltre alla pista da ballo, lo Scialè aveva un ricco e attrezzato ristorante fornito anche di posateria d’argento per le grandi serate. Il gestore a quei tempi era un simpatico personaggio che tutti conoscevano come Don Peppino (Giuseppe Icona).
In quel bellissimo e affascinante locale estivo, nel lontano 1937 sostò il capo del Fascismo (il Duce), dove oltre a pranzare con alcuni gerarchi del tempo, ebbe il piacere di tuffarsi nelle acque azzurre di Gela e sdraiarsi sulla bellissima e finissima sabbia. Molti giovani si divertivano nell’ascoltare alla radio le canzoni del tempo cantate da Carlo Buti, Ernesto Bonino, Alberto Rabagliati ed altri. Spesso i giovani negli anni 40 ascoltavano il comunicato radio attraverso l’unico negozio di radio-grammofani esistente a Gela e precisamente quello del signor Pino Ciaramella, ubicato lungo il Corso Vittorio Emanuele, esattamente dove oggi esiste il negozio di tessuti Docente, vicino alla cartolibreria Randazzo.
Altri tempi, altri divertimenti, altre usanze, altri sorrisi. Bastavano piccole cose per riempire l’animo di felicità; e che dire delle “Storie d’amore” che si intralciavano a quell’epoca? Ci piace ricordare per i giovani d’oggi, che quando un ragazzo era innamorato, soleva passare sotto il balcone o la finestra dove abitava l’amata, per guardarla e strizzarle l’occhio o per ricevere il tradizionale bigliettino amoroso. Quante attese a volte lungo la strada, quante emozioni per riuscire a sfiorare la mano della bella innamorata! Bastavano questi momenti, perché un giovane si sentisse contento.
Erano gli anni in cui il sentimento aveva un’importanza preminente nella vita sociale dell’epoca. E che dire delle belle serenate a notte inoltrata, sotto i balconi della propria ragazza? Tutto ciò rientrava nel clima romantico del tempo.
Altri divertimenti erano le feste della matricola che si organizzavano con entusiasmo; caratteristico era il periodo quando tanti giovani sfilavano col tradizionale “Feluca” variopinta: rossa, azzurra, bianca e la tradizionale “Quartana” dove venivano conservati i soldi raccolti. Suggestiva era anche la consegna simbolica della chiave della città da parte del sindaco agli universitari. La Gela del passato quella degli anni allegri e scanzonati, certamente più povera è andata via.
Erano gli anni in cui lungo il Corso Vittorio Emanuele alle 12,30 sfilavano tutti gli studenti (ragazzi e ragazze) all’uscita del Liceo-Ginnasio “Eschilo”, unica scuola superiore a quei tempi esistente. Tutti quei ragazzi spesso arrivavano fino al Parco delle Rimembranze, luogo questo, ameno e ricco di alberi verdi; purtroppo oggi scomparso, sia per il sopravvenuto progresso industriale, sia per gli scavi archeologici della zona.
Ricordiamo alla nuova generazione, che a quei tempi non era consentito ai giovani passeggiare con le ragazze, i giovani si limitavano soltanto a seguire le ragazze scambiando occhiate e sorrisi. Oggi un comportamento simile è assurdo.
Era molto difficile negli anni 30 ed anche negli anni 40, incontrare per strada una ragazza sia studentessa che casalinga, ferma con un suo coetaneo a discutere, ciò non avveniva perché la ragazza aveva timore di essere vista dai parenti, da qualche amico di famiglia, oppure da semplici cittadini. Oggi è rarissimo un comportamento del genere da parte dei giovani , così la vecchia lettera d’amore è stata relegata nel grande cassetto dei ricordi.
Negli anni che vanno dal 47 al 52 alcune ragazze cominciarono ad adattarsi al nuovo comportamento ed alle nuove strutture sociali, infatti uscivano per andare “a Mastra”, cioè a prendere lezioni di taglio e cucito presso qualche sarta. A quei tempi la letterina e il biglietto amoroso, come abbiamo fatto cenno precedentemente, era il mezzo di comunicazione fra due innamorati. Fra i tanti modi per far giungere una lettera d’amore alla propria ragazza c’era questo stratagemma: il giovane si recava presso la cartolibreria di Rocco Trainito oppure in quella di Pepè Gagliano, consegnava un libro pregando l’amico di darlo a sua volta alla ragazza che veniva a richiederlo. Dentro il libro vi era la missiva amorosa; questo movimento, faceva diventare la cartolibreria complice involontario dei due innamorati.
A partire dal 1930, la vita del nostro paese era racchiusa in pochi metri quadrati e come punto di riferimento vi erano: “I Cantuneri” e a “Chiazziteddra”, cioè dai quattro canti (via Trieste) e l’angolo di via Marconi con il Corso Vittorio Emanuele. Dal 48 al 52 l’appuntamento dei ragazzi era il caffè Samparisi, locale ubicato  lungo il corso, dove oggi esiste il negozio del signor Collodoro. Qui i giovani si ritrovavano quasi tutti i pomeriggi ed anche qualche mattina quando si marinava la scuola, lì in quel locale si giocava a carte, si discuteva e qualcuno scriveva la tradizionale letterina.
Un altro caffè che ricordiamo con piacere è quello di Gagliano vicino alla Villa Comunale, dove molti studenti andavano la mattina in estate a prendere la granita, e durante la scuola a riunirsi nell’ora di ricreazione.
Uno fra i divertimenti per i giovani era la rara festicciola da ballo che si organizzava in qualche famiglia dove si davano convegno alcune coppiette, amici e amiche per incontrarsi e scambiare conversazioni e certamente non mancava mai la dichiarazione d’amore che qualche giovane faceva alla ragazza.. Si ballava al suono del vecchio grammofono e a turno, i giovani quando la musica stava per finire perché il disco non girava più, andavano subito a girare la manovella perché potesse continuare a girare..
Negli anni tra il 1917/1922, molti giovani gelesi appartenenti agli strati sociali più modesti, trovavano sfogo e non troppo spesso per la verità, nelle due sale da ballo esistenti a quei tempi e dislocati queste l’una distante dall’altra. I due locali erano gestiti direttamente dai due proprietari che pare si chiamassero uno Casentino e l’altro Sciagura, la musica in questi due locali veniva effettuata a mezzo di pianino con la manovella a mano. Un’ altro divertimento caratteristico era rappresentato dall’Opera dei Pupi dove in un grande stanzone venivano rappresentate le gesta famose dei paladini di Francia Questo spettacolo riuniva molti artigiani ed operai del luogo, spesso questa gente creava dei gruppi i quali tifavano alcuni per Orlando altri per Rinaldo. Uno tra i più arditi pupari di quei lontani anni era un certo “Don Giovanni” un palermitano trapiantato a Gela, il quale durante la foga della recitazione, a volte esagerava nell’esaltazione delle gesta dei due paladini, tanto che qualcuno del pubblico lo interrompeva dicendo: “Cala ziù Guvanni” quando per esempio si riferiva ai morti causati dalla “Durlindana” di Orlando. Questa intromissione dello spettatore, faceva andare in bestia il povero Giovanni, il quale arrivava al punto di terminare lo spettacolo prima del tempo tra i fischi e le grida dei presenti.
Questa forma di spettacolo tipico della Sicilia antica, è scomparsa subito dopo lo sbarco degli americani a Gela, qualche altro cercò di rimetterla su, ma non riuscì a interessare il pubblico, tanto che nel 45/46 scomparve per sempre dalla vita paesana.
Dopo lo sbarco degli americani a Gela avvenuto come tutti sanno nel luglio del 43, incominciarono a fiorire a Gela associazioni e partiti politici. Ci piace ricordare che nel 1946 ebbe vita nella nostra città un’associazione fondata da alcuni studenti universitari  del tempo chiamata “U.S.I.” (Unione Studenti Italiani) e come sede  aveva alcune stanze del palazzo Guttilla, dove fino a poco tempo fa  vi erano i Vigili del Fuoco.
Un’altra associazione che apparve a quell’epoca era quella del “Braccio Destro” formata da un gruppo di ex deportati, coloro che avevano patito sacrifici e torture da parte dei Nazisti, cosi come raccontano alcuni anziani. Presidente di questa associazione era un certo Santonocito. In questo viaggio a ritroso, ci piace ricordare che nel 46/48 un gruppo di giovani come: Pino Bevilacqua, Gerlando Comandatore, le graziose signorine Adriana Siracusa, Ilde Abate, Adele Valenti ed altri diedero vita alla Filodrammatica Gelese, ricalcando la vecchia tradizione di alcuni attori gelesi degli anni 1920/1936. Questo gruppo di attori locali, portò in scena alcune opere come: “Rose Rosse” di Francesco Savà, “L’Urlo” di Gerlando Comandatore, “Occhi Consacrati” di Bracco, opere che suscitarono un vivo entusiasmo nei giovani di allora e nella popolazione locale.
Caratteristico era  il lavoro delle famiglie contadine nel mese di luglio, quando a gruppi sulla strada battevano le spighe con le “mazze”. Durante l’estate, non c’era angolo di strada dove non si potevano vedere ragazze, donne e uomini battere le spighe.
I caffè dell’epoca erano locati lungo il corso principale tra il tratto che va dalla Piazza Umberto ai quattro canti.
Fra i locali che ci piace ricordare ne citiamo alcuni per la loro caratteristica: il primo Il Caffè Trinacria, che poi era anche ristorante; in questo locale si riunivano uomini di una certa età, e di particolare condizione sociale. Questo caffè era ubicato dove oggi sorge il negozio dell’Alfa Confezioni, un secondo caffè era quello di Samparisi già citato precedentemente. Un terzo locale era quello di Pasqualino Catania dove oggi esiste il negozio della Benetton vicino la Banca Popolare Siciliana. Ricordiamo che questo caffè divenuto in seguito caffè Zisa negli anni 48/52, prima ubicato ai quattro canti e precisamente a piano terra del palazzo Dottor Nunzio Maganuco negli anni 1922/1928.
Un quarto caffè era quello chiamato “Caffè Italia” lungo il corso dove esattamente esiste la Banca Popolare Italiana oggi “Banca dei Paschi di Siena” anno 52/55. di fronte a questo locale vi era una pasticceria gestita da due fratelli palermitani di nome Di Blasi ma meglio conosciuta come la pasticceria di Don Fifì. Un’altra pasticceria  rinomata a Gela negli anni 30/45, era quella di don Giovanni Mazza, vicino alla cartolibreria Randazzo.
Ancora un’altra pasticceria rinomata era quella di Zini (1922), ubicata a piani terra del palazzo Guccione angolo via Rosario. Il proprietario era un ottimo pasticciere palermitano; dopo la sua morte il locale venne gestito dal figlio e divenne anche ritrovo di molti musicisti e suonatori di chitarra e mandolini.
Andando avanti dopo la piazza Umberto vi era un altro locale molto noto ai giovani gelesi dell’epoca ed era quello di “Don Nenè” cioè Emanuele Pane ubicato precisamente dove esiste la palma vicino al Palazzo comm. Icona (22/37).
In Piazza Umberto vi era un altro locale molto conosciuto ed era quello Peppe Galli, un caffè grazioso e accogliente (35/38).
Alcuni caffè nel periodo estivo collocavano dei tavoli con sedie lungo i marciapiedi. Uno di questi locali era quello di Pasqualino Catania,  a quei tavoli erano soliti sedersi lo scrittore medico Francesco Savà e qualche volta Ettore Romagnoli l’Illustre Ellenista, quando si trovava a Gela durante le vacanze.

Fonte: Renzo Gugliermini

 

 

La poesia di Giuseppe
Corrao


Coppili e ccappeddra 'i Terranova

Stralcio

Oh, soru e zziti de tempi
nnuccenti
Do bbagnu ‘i sira ‘i ddru
mari cuntenti!
I stiddri e a luna stavunu a ttaliari,
ma i vostri carni un
putivunu ttruvari…
Cc’era a vistina, o criaturi sinceri,
ppi ccummigghiari i disiati misteri…
E unn’o purtaru l’anticu
ddicoru,
ch’era ppi ttutti u
sciatascinu decoru ‘i ll’oru?
O tempi mei accussì belli e ccari,
comu vulissi nnarrei
turnari!
L’aria duci do mari
rrispirari,
ttummarini di ll’urni frischi e chiari
e ttutt’u iornu cantari,
cantari,
a notti a ttia, Terranova,
sunnari!...
 
I Pupi siciliani
 
 
 
 
 
 
 
I Cantastorie
 

I cantastorie erano l’unico tramite culturale tra il popolo analfabeta e il mondo.
Essi potevano definirsi il giornale a domicilio per le masse, in essi trasudavano momenti di grande poesia, umanità e arte nel dispiegare gli eventi narrati con grande passione, cantavano e narravano  con l’ausilio di un microfono, un cartellone e una chitarra il succedersi degli eventi nella società, abbracciando i campi della politica, del terrorismo, dell’emigrazione e i fatti spiccioli ma eclatanti della società del tempo.
Quando ero ragazzo ricordo che i cantastorie, il più delle volte, utilizzavano, per la loro esibizione Piazza Trieste (dove adesso vi è il monumento agli eroi di Gela insigniti di medaglia d’oro) e  il fondo di Piazza Roma attirando sempre un gran numero di persone attente e generose verso il cantastorie

Il bandito Giuliano parte 1
 
Il bandito Giuliano parte 2
 
Il terremoto di Messina
 
Storia di un emigrante
 
Storia di gelosia
 
La poesia di Emanuele D'Arma
 
Voscenza binirica
 
Lu tempu cangia e vola comu u ventu
chi curri e fuj e nun ritorna cchiui.
Ora ca sugnu vecchiu, staiu attentu,
lu scrivu cca pinnina e u cuntu a vui.
A vui caruseddi e picciuttuna
ca vi talìu e vi viru cuntenti
ca iti a scola ccu borsi e bursuna
pi divintari sperti e gran sapienti.
Ah! Biati vui, comu vi mmirìu!
Quannu eru quantu vui: scecchi, cavadda,
muli, carretta, caddati e vuciu
c’era ni li trazzeri, poja e vadda.
Scarpi rutti, cavisi ripizzati;
gnuranti, rozzi, cruri e analfabeta.
Picca li dotti e picca i lauriati.
Facennu, st’urtimi, i jadda di li ceta.
E u cetu bassu, adaccussì mischini,
picciuli e nichi comu la furmica
sutta sti jaddi i poviri jaddini
ccu tantu di “Voscenza binirica”.
“Voscienza binirica, cavaleri;”
“voscienza binirica miu dutturi”
diciva u scarpareddu, lu stadderi
e tutta a minutami a sti signuri.
Ma nuddu, nuddu vi cunta sti cosi?
Iu ca ci passaìu i sta vanedda
china di spini pungenti tra rosi
mi turciva li fichita e i vuredda.
Sapissivu quant’iu chiantu ca fici
pi ssiri comu vui accussì filici!